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Il virus e il Rubicone

  • Autore/i
    Didier Saint-Georges
  • Data di pubblicazione
  • Lunghezza
    3 minuto/i di lettura

La maggior parte degli investitori ha ben compreso che la politica monetaria straordinariamente accomodante e l’avvio della campagna vaccinale contro il Covid consentono ad oggi di prevedere una ripresa economica nel giro di alcuni mesi, molto positiva per i mercati azionari.

Mentre questa constatazione spiega l’ottimismo generalizzato che ha preso il sopravvento, ci rammenta anche l’osservazione con cui concludevamo la Carmignac’s Note di gennaio 2020: « mercati inebriati dalle dinamiche di fine anno, e quindi esposti a una crescente vulnerabilità ».

Siamo quindi preoccupati per il posizionamento degli investitori all’inizio dell’anno, fortemente basato sul consensus. Benché la nostra view sui mercati azionari sia positiva a breve termine, nel medio periodo ciò che alimenta il nostro pensiero strategico è la tensione che si sta ormai delineando tra, da un lato l’influenza positiva dal punto di vista economico di una maggioranza democratica, eletta sulla base di un programma di forti stimoli fiscali, e dall’altro gli squilibri potenzialmente associati a tale prospettiva. Il 2021 potrebbe rivelarsi più complesso per i mercati di quanto possa generalmente sembrare.

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La realtà, è quando vi ci si imbatte (Jacques Lacan)


L’annuncio dei primi vaccini lo scorso novembre e l’inizio della loro distribuzione hanno dato avvio a giusto titolo a una nuova fase sui mercati, quella dell’aspettativa per la fine della crisi. Quando le campagne vaccinali raggiungeranno la soglia critica, sarà possibile per i consumatori riacquistare la fiducia (e averne l’autorizzazione) per assecondare il loro desiderio di consumi.

Tuttavia, la realtà di questi progressi resta per il momento particolarmente ardua. Tra le difficoltà logistiche, la riluttanza delle popolazioni a vaccinarsi, la delicata gestione delle priorità, le divergenze in termini di successo tra paesi e la comparsa di nuove varianti, il tempo del ritorno alla normalità continua ad allontanarsi. Questo contesto incrementa il rischio di nuovi inasprimenti delle misure di contenimento e ovviamente aumenta la durata di questa fase ancora molto difficile.

Questa eventualità non costituisce necessariamente un rischio per l’orientamento dei mercati, se governi e Banche Centrali protrarranno il loro sostegno nella giusta misura, ma conferma le nostre costruzioni di portafoglio, che continuano a privilegiare le azioni ad alta visibilità.

La prospettiva di un cambiamento di contesto dei mercati a medio termine


Il passaggio del Senato statunitense in campo democratico alimenta un dibattito sul rischio di inflazione, che innescherebbe un calo del dollaro. Tuttavia, dai tassi d’interesse alle valutazioni delle azioni, oggi tutto dipende dal futuro dell’inflazione. L’argomento merita quindi di essere analizzato.

Senza dubbio, i Democratici dovrebbero pretendere l’attuazione delle misure promesse da Joe Biden, comprese quelle più “riformiste”. Tuttavia bisogna tenere presente che per qualsiasi votazione sarà necessario il sostegno dei rappresentanti moderati eletti. Di conseguenza, sussistono poche probabilità che le misure più radicali del programma economico vengano attuate, sebbene prevediamo nuovi e significativi stimoli fiscali nel 2021.

Inoltre le pressioni disinflazionistiche strutturali, quali i fattori demografici e le disruption tecnologiche, restano forti. Riteniamo pertanto che il rischio di ripresa dell’inflazione sia ridotto nel 2021, indipendentemente da un effetto base significativo ma temporaneo per definizione.


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Questa prospettiva non pregiudica comunque le tendenze a lungo termine. Tuttavia governi e Banche Centrali, in particolare negli Stati Uniti, hanno attraversato il Rubicone nel 2020. Sarà ormai estremamente difficile, da un punto di vista politico e sociale, invertire la tendenza del crescente coinvolgimento dei governi in ambito economico, già ben avviata.

La maggioranza democratica al Congresso aumenta senza dubbio la probabilità di rimettere in discussione in modo duraturo il modello economico inaugurato ormai quarant’anni fa dall’era “Reagan-Thatcher”, incentrato sulla deregolamentazione, sul calo della pressione fiscale, in sintesi sull’eliminazione dell’influenza statale. Il prossimo Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen, non ha mai nascosto la propria visione molto keynesiana sulla questione. Questa nuova filosofia di crescita potrebbe ovviamente portare a una presunta politica di ridistribuzione della produzione di ricchezza a favore dei salari. Questo riequilibrio favorirebbe quindi un’inversione di tendenza in termini di produttività e inflazione. Dobbiamo prepararci a tale evenienza, ed è questo il significato del nostro posizionamento in alcuni settori ciclici negli Stati Uniti o delle nostre posizioni nelle miniere aurifere.

Una tendenza che dura da quarant’anni merita il beneficio del dubbio e per il momento prevale l’incertezza economica per l’immediato futuro, in particolare in Europa. Infine va evidenziato che nel 2020 un paese ha rappresentato l’eccezione rispetto alla tendenza generalizzata verso la ripresa: la Cina, che non solo ha ben gestito la pandemia, ha evitato la creazione sfrenata di moneta ma, essendone costretta, ha anche imparato ad “dissociarsi” dagli Stati Uniti. È su questo mercato che attualmente concentriamo gran parte dei nostri investimenti di convinzione.



L’equilibrio generale dei nostri portafogli e una gestione decisamente attiva dovrebbero rappresentare ancora una volta strumenti preziosi per i nostri Fondi nel 2021, che si preannuncia complesso e quindi ricco di opportunità.


Fonte: Carmignac, Bloomberg, 31/12/2020